ANIMALI
Specie
I
avicula, -ae: uccellino
capella, -ae: capretta
capra, -ae: capra
equa, -ae: cavalla
gallina, -ae: gallina
musca,-ae
rana, -ae: rana
scrofa, -ae: scrofa
vacca, -ae: vacca
vespa,-ae: vespa
vipera, -ae: vipera
II
equus, -i: cavallo
III
avis, is: uccello
Caratteristiche
I
cauda, -ae: coda
lana, -ae: lana
lingua, -ae: lingua
mamma, -ae: mammella
saeta, -ae: setola
Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.
(Calvino)"
mercoledì 13 marzo 2013
mercoledì 6 marzo 2013
La struttura della frase: il concetto di caso e l'ordine sintattico
Ogni frase di una lingua si costituisce tramite l'insieme delle parole che la compongono. L'ordine delle parole non è sempre del tutto casule, bensì risponde a criteri grammaticali più o meno vincolanti a seconda delle caratteristiche della lingua stessa: la sintassi. Il modo in cui, in questo contesto, una lingua può mutare d'ordine può determinare risultati differenti, dalla comunicazione di particolari sfumature di significato alla creazione di stringhe di parole del tutto senza senso.
Belle, frasi, ricche di paroloni.....ma cosa vuol dire tutto ciò?
C'è un aspetto che caratterizza ogni lingua e che può essere svolto in maniera diversa a seconda dei diversi idiomi: ogni lingua può avere una mobilità più o meno elevata delle parole all'interno della frase.
La mobilità si esprime in tanti fattori: può lasciare sottintesi alcuni elementi e non altri, può consentire di spostare prima o dopo elementi lessicali, può variare secondo schemi non rigidi senza che cambi il significato della frase.
In Italiano ad esempio posso dire:
-"Lo ha visto"---> capiamo subito che il sogg. è una III pers. sing. perchè ce lo dice il verbo
-"Quella casa è bella" ma anche "è bella quella casa" perchè mettere il soggetto prima o dopo non pregiudica la riconoscibilità del senso del verbo.
L'italiano quindi ha una certa mobilità, che però è inferiore a quella del latino.
Questo esempio può chiarificare la questione:
"Marco mangia la torta."
"La torta mangia Marco."
E' chiaro che la frase non è la stessa. La seconda frase non rende senso (e vorrei ben vedere: neanche in un film horror potrebbe capitare una roba del genere!).
Questo succede perchè in italiano una proprietà come la funzione di complemento è espressa (da alcuni di essi) proprio attraverso la collocazione che hanno nella frase, che di conseguenza diventa fissa. In italiano abbiamo così per il caso del c. ogg, una struttura definita che deve essere soggetto+ verbo transitivo+ compl. ogg.
Solo la prima frase, che rispetta questo ordine, può avere senso; la seconda può (almeno in questo caso, perchè è intuitivo, ma non è sempre così) essere riaggiustata, ma solo invertendo la struttura (sostituendo l'anomala forma oggetto+ verbo transitivo+ soggetto). Certo, frasi del genere si trovano nella nostra lingua, ma sono caratterizzate da particolari significati trasmessi dall'inflessione della voce. Se la mamma urla "La torta, pastasciutta sta mangiando marco, mica la minestra!" fa sì che l'attenzione dell'emittente e del destinatario si concentrino sulla torta perchè quello è l'elemento più importante di tutta la frase. Il senso è chiaro: Marco sta facendo qualcosa che non va con quella torta ed è la torta l'oggetto galeotto! Non stentiamo a immaginare la madre di Marco usare un particolare tono di voce che indugia su quella parola "torta", un tono a metà tra l'ironico e l'irato, ma percepiamo anche la pausa tra quella stessa parola e il resto della frase. La stessa pausa che la pratica scrittoria sottolinea con una virgola, proprio a marcare l'anomalia sintattica della frase: quella virgola, quella pausa, sono come dei segnali di stop che ti avvertono di stare attento a come interpreti la frase perchè il complemento oggetto è dislocato; ma se si riconosce questa proprietà l'effetto di resa è indubbiamente maggiore: tra "Marco mangia la torta" e "La torta, mangia Marco" è sicuramente più efficace la seconda, no? (Io me la vedo la mamma di Marco, che gli compare da dietro e lo coglie in flagrante mente si abbuffa di dolce dopo aver rifiutato categoricamente di mangiare la minestrina XD)
Ritornando seri, l'italiano non è una lingua poi in assoluto così vincolata perchè molti complementi (ma vale anche per le subordinate! Nell'esempio dopo userò tutte e due per farvi vedere) si possono spostare a piacimento.
"[Domani][ Carla laverà la macchina][ poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce]"
può essere rimontata in più modi.
-"[Poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce], [Carla laverà la macchina] [domani ]
-"[Domani], [poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce], [Carla laverà la macchina]"
-"[Carla laverà la macchina] [domani], [poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce]"
Potremmo andare avanti ancora, ma fermiamoci qua.
Il senso è chiaro:
-l'importante è non sciogliere i sintagmi che formano il complemento, inserendo o spostandovi elementi (del tipo "[Carla laverà la macchina], [poichè [domani] la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce"])
-il verbo transitivo deve sempre avere sogg. e c.ogg come sopra descritto ma i complementi di tempo e la subordinata di causa possono essere messi prima o dopo gli altri indifferentemente.
E il latino? Ha questi vincoli?
Il latino è molto più libero di disporre le parole all'interno di una frase e questo grazie all'esistenza dei casi. I casi, cioè le terminazioni di una parola, ci indicano che funzione in senso sintattico può avere quella parola nella frase, indifferentemente dalla collocazione della parola stessa all'interno del periodo.
Ogni parola cambia la sua desinenza secondo modelli prestabiliti, le DECLINAZIONI, che presentano terminazioni diverse per ciascun caso.
In latino esistono 6 casi, nelle variabili (non sempre presenti di masch./femm./neutro e sing./plu) cui corrispondono dei significti base:
NOMINATIVO: soggetto
GENITIVO: c. specificazione
DATIVO: c. termine
ACCUSATIVO: c. oggetto
VOCATIVO: c.vocazione
ABLATIVO: complementi vari (non mi sbilancio, e capirete presto perchè)
E' chiaro che questi casi non esauriscono il numero di complementi espressi dalla lingua latina (sono gli stessi dell'italiano essenzialmente). Per questo la lingua adotta delle preposizioni che con un caso fisso esprimono un senso determinato. Ad esempio in+ablativo= stato in luogo, ex+ablativo= moto da luogo,ecc. I casi possono combinarsi con diverse preposizioni dando complementi in genere diversi (è il caso dell'ablativo appena visto, che con due preposizione diverse dà due sensi diversi) ma è anche vero che uno stesso complemento può esprimersi con più associazioni di caso e preposizione (tant'è che a/ab+ablativo è uguale a e/ex/de+abl.)
Tradurre latino si basa sulla capacità di riconoscere quale complemento viene espresso da questi casi, anche uniti alle preposizioni (quando esse sono presenti). Non è uno sforzo mnemonico maggiore di quello che si fa in italiano per ricordare che ogni complemento si esprime in determinate maniere, che sono solo quelle; certo bisogna sapere le variabili di 5 declinazioni. Al contrario, però, essendo il senso del complemento già dato dalle parole stesse, in un certo qual modo "intrinseco", la parola nella frase può essere posta molto più liberamente perchè in pratica indifferente.
Quindi Ancilla prima salutat matronam cotidie cur officium suum est dominam onorare
"L'ancella saluta per prima la matrona quotidianamente perchè è suo dovere onorare la padrona"
è uguale a Matronam prima salutat ancilla cotidie cur officium suum est dominam onorare dove soggetto e oggetto hanno posto invertito. Matronam finisce sempre in -am quindi non può che essere in accusativo e quindi deve essere complemento oggetto, ancilla finisce in -a e non può che essere il soggetto perchè è in caso nominativo. Non si potrà tradurre la frase "La matrona saluta per prima l'ancella [...]" a meno di sostituire i casi, quindi, indipendentemente dall'ordine che le parole finiranno per avere.
C'è comunque un limite agli spostamenti anche in latino. In genere i sintagmi vanno rispettati (tranne in casi particolari di cui parleremo diffusamente: fenomeni di attrazione e inclusione tra principali e subordinate per esempio per i pronomi che per il momento potete anche dimenticare). Quindi non renderà lo stesso senso Ancilla prima salutat cotidie cur officium suum est dominam matronam onorare perchè matronam è stato spostato nella subordinata mentre era nella principale. In questo caso il senso è simile ma il concetto è chiaro: lo spostamento può avvenire all'interno del contesto della proposizione principale o subordinata, non tra di esse.
In cotidie foro Cicero ambulat sarebbe "Nel tutti i giorni foro Cicerone cammina" il che non ha palesemente senso perchè cotidie andrebbe ad interrompere il sintagma in+foro.
Diverso il caso della tmesi ma anche di questo possiamo fare a meno di parlare ora.
Il punto da capire è questo: il caso indica la funzione sintattica non la posizione all'interno della frase.
Certo comunque i Romani non mettevano le parole a caso e una certa regolarità la si ritrova nella loro sintassi. Ma entro certi livelli: dopo un certo livello si entra in mere questioni di stile e generalizzazioni, o peggio, normativismi sarebbero assai controproducenti.
In genere possiamo dire che:
-il verbo sta alla fine della frase
-il soggetto sta tra le prime parole
-il complemento oggetto sta tra soggetto e verbo
-se c'è una coordinazione con la frase precedente essa sta all'inizio
-l'aggettivo tende a precedere il sostantivo di riferimento
Detto ciò è tutto opinabile perchè in moltissime frasi il soggetto è al cento o alla fine, il verbo all'inizio o nel mezzo, il sostantivo può precedere l'aggettivo e nulla vieta all'accusativo di essere l'ultima parola della frase.
Per esempio il complemento di modo in cum+abl se accompagnato da un aggettivo dovrebbe vedere il cum interposto tra agg. e sost. come in magno cum gaudio, ma cum magno gaudio lo si trova ugualmente.
Per questo è tanto più importante analizzare i casi e non parola per parola una dopo l'altra, perchè a causa di queste oscillazioni si otterrebbe solo un puzzle difficile da ricomporre; ogni pezzo di puzzle può essere una cosa sola- e la forma e il colore te lo dicono immediatamente- ma a priori, preso da sè potrebbe essere interpretato in varie maniere come un pezzettino blu che potrebbe appartenere al cielo quanto al mare; solo il contesto generale ti permette di capire quale sia l'interpretazione giusta; quindi non analizzare il caso vuol dire trovarsi ad appiccicare la funzione sintattica a senso come quando a forza si fa entrare una tesserina del puzzle in un buco troppo grande o si cerca invano di farla entrare in uno piccolo. Può o non può reggere ma è comunque sbagliata.
Detto ciò, adesso una curiosità: prima mi sono rifiutata di attribuire un significato base all'ablativo. Il motivo è che essenzialmente è il caso con più significati da solo e in concordanza con preposizioni, quindi sarebbe pretenzioso identificare il vero significato di base.
La mobilità si esprime in tanti fattori: può lasciare sottintesi alcuni elementi e non altri, può consentire di spostare prima o dopo elementi lessicali, può variare secondo schemi non rigidi senza che cambi il significato della frase.
In Italiano ad esempio posso dire:
-"Lo ha visto"---> capiamo subito che il sogg. è una III pers. sing. perchè ce lo dice il verbo
-"Quella casa è bella" ma anche "è bella quella casa" perchè mettere il soggetto prima o dopo non pregiudica la riconoscibilità del senso del verbo.
L'italiano quindi ha una certa mobilità, che però è inferiore a quella del latino.
Questo esempio può chiarificare la questione:
"Marco mangia la torta."
"La torta mangia Marco."
E' chiaro che la frase non è la stessa. La seconda frase non rende senso (e vorrei ben vedere: neanche in un film horror potrebbe capitare una roba del genere!).
Questo succede perchè in italiano una proprietà come la funzione di complemento è espressa (da alcuni di essi) proprio attraverso la collocazione che hanno nella frase, che di conseguenza diventa fissa. In italiano abbiamo così per il caso del c. ogg, una struttura definita che deve essere soggetto+ verbo transitivo+ compl. ogg.
Solo la prima frase, che rispetta questo ordine, può avere senso; la seconda può (almeno in questo caso, perchè è intuitivo, ma non è sempre così) essere riaggiustata, ma solo invertendo la struttura (sostituendo l'anomala forma oggetto+ verbo transitivo+ soggetto). Certo, frasi del genere si trovano nella nostra lingua, ma sono caratterizzate da particolari significati trasmessi dall'inflessione della voce. Se la mamma urla "La torta, pastasciutta sta mangiando marco, mica la minestra!" fa sì che l'attenzione dell'emittente e del destinatario si concentrino sulla torta perchè quello è l'elemento più importante di tutta la frase. Il senso è chiaro: Marco sta facendo qualcosa che non va con quella torta ed è la torta l'oggetto galeotto! Non stentiamo a immaginare la madre di Marco usare un particolare tono di voce che indugia su quella parola "torta", un tono a metà tra l'ironico e l'irato, ma percepiamo anche la pausa tra quella stessa parola e il resto della frase. La stessa pausa che la pratica scrittoria sottolinea con una virgola, proprio a marcare l'anomalia sintattica della frase: quella virgola, quella pausa, sono come dei segnali di stop che ti avvertono di stare attento a come interpreti la frase perchè il complemento oggetto è dislocato; ma se si riconosce questa proprietà l'effetto di resa è indubbiamente maggiore: tra "Marco mangia la torta" e "La torta, mangia Marco" è sicuramente più efficace la seconda, no? (Io me la vedo la mamma di Marco, che gli compare da dietro e lo coglie in flagrante mente si abbuffa di dolce dopo aver rifiutato categoricamente di mangiare la minestrina XD)
Ritornando seri, l'italiano non è una lingua poi in assoluto così vincolata perchè molti complementi (ma vale anche per le subordinate! Nell'esempio dopo userò tutte e due per farvi vedere) si possono spostare a piacimento.
"[Domani][ Carla laverà la macchina][ poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce]"
può essere rimontata in più modi.
-"[Poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce], [Carla laverà la macchina] [domani ]
-"[Domani], [poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce], [Carla laverà la macchina]"
-"[Carla laverà la macchina] [domani], [poichè la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce]"
Potremmo andare avanti ancora, ma fermiamoci qua.
Il senso è chiaro:
-l'importante è non sciogliere i sintagmi che formano il complemento, inserendo o spostandovi elementi (del tipo "[Carla laverà la macchina], [poichè [domani] la pioggia degli ultimi giorni l'ha imbrattata di macchie rossicce"])
-il verbo transitivo deve sempre avere sogg. e c.ogg come sopra descritto ma i complementi di tempo e la subordinata di causa possono essere messi prima o dopo gli altri indifferentemente.
E il latino? Ha questi vincoli?
Il latino è molto più libero di disporre le parole all'interno di una frase e questo grazie all'esistenza dei casi. I casi, cioè le terminazioni di una parola, ci indicano che funzione in senso sintattico può avere quella parola nella frase, indifferentemente dalla collocazione della parola stessa all'interno del periodo.
Ogni parola cambia la sua desinenza secondo modelli prestabiliti, le DECLINAZIONI, che presentano terminazioni diverse per ciascun caso.
In latino esistono 6 casi, nelle variabili (non sempre presenti di masch./femm./neutro e sing./plu) cui corrispondono dei significti base:
NOMINATIVO: soggetto
GENITIVO: c. specificazione
DATIVO: c. termine
ACCUSATIVO: c. oggetto
VOCATIVO: c.vocazione
ABLATIVO: complementi vari (non mi sbilancio, e capirete presto perchè)
E' chiaro che questi casi non esauriscono il numero di complementi espressi dalla lingua latina (sono gli stessi dell'italiano essenzialmente). Per questo la lingua adotta delle preposizioni che con un caso fisso esprimono un senso determinato. Ad esempio in+ablativo= stato in luogo, ex+ablativo= moto da luogo,ecc. I casi possono combinarsi con diverse preposizioni dando complementi in genere diversi (è il caso dell'ablativo appena visto, che con due preposizione diverse dà due sensi diversi) ma è anche vero che uno stesso complemento può esprimersi con più associazioni di caso e preposizione (tant'è che a/ab+ablativo è uguale a e/ex/de+abl.)
Tradurre latino si basa sulla capacità di riconoscere quale complemento viene espresso da questi casi, anche uniti alle preposizioni (quando esse sono presenti). Non è uno sforzo mnemonico maggiore di quello che si fa in italiano per ricordare che ogni complemento si esprime in determinate maniere, che sono solo quelle; certo bisogna sapere le variabili di 5 declinazioni. Al contrario, però, essendo il senso del complemento già dato dalle parole stesse, in un certo qual modo "intrinseco", la parola nella frase può essere posta molto più liberamente perchè in pratica indifferente.
Quindi Ancilla prima salutat matronam cotidie cur officium suum est dominam onorare
"L'ancella saluta per prima la matrona quotidianamente perchè è suo dovere onorare la padrona"
è uguale a Matronam prima salutat ancilla cotidie cur officium suum est dominam onorare dove soggetto e oggetto hanno posto invertito. Matronam finisce sempre in -am quindi non può che essere in accusativo e quindi deve essere complemento oggetto, ancilla finisce in -a e non può che essere il soggetto perchè è in caso nominativo. Non si potrà tradurre la frase "La matrona saluta per prima l'ancella [...]" a meno di sostituire i casi, quindi, indipendentemente dall'ordine che le parole finiranno per avere.
C'è comunque un limite agli spostamenti anche in latino. In genere i sintagmi vanno rispettati (tranne in casi particolari di cui parleremo diffusamente: fenomeni di attrazione e inclusione tra principali e subordinate per esempio per i pronomi che per il momento potete anche dimenticare). Quindi non renderà lo stesso senso Ancilla prima salutat cotidie cur officium suum est dominam matronam onorare perchè matronam è stato spostato nella subordinata mentre era nella principale. In questo caso il senso è simile ma il concetto è chiaro: lo spostamento può avvenire all'interno del contesto della proposizione principale o subordinata, non tra di esse.
In cotidie foro Cicero ambulat sarebbe "Nel tutti i giorni foro Cicerone cammina" il che non ha palesemente senso perchè cotidie andrebbe ad interrompere il sintagma in+foro.
Diverso il caso della tmesi ma anche di questo possiamo fare a meno di parlare ora.
Il punto da capire è questo: il caso indica la funzione sintattica non la posizione all'interno della frase.
Certo comunque i Romani non mettevano le parole a caso e una certa regolarità la si ritrova nella loro sintassi. Ma entro certi livelli: dopo un certo livello si entra in mere questioni di stile e generalizzazioni, o peggio, normativismi sarebbero assai controproducenti.
In genere possiamo dire che:
-il verbo sta alla fine della frase
-il soggetto sta tra le prime parole
-il complemento oggetto sta tra soggetto e verbo
-se c'è una coordinazione con la frase precedente essa sta all'inizio
-l'aggettivo tende a precedere il sostantivo di riferimento
Detto ciò è tutto opinabile perchè in moltissime frasi il soggetto è al cento o alla fine, il verbo all'inizio o nel mezzo, il sostantivo può precedere l'aggettivo e nulla vieta all'accusativo di essere l'ultima parola della frase.
Per esempio il complemento di modo in cum+abl se accompagnato da un aggettivo dovrebbe vedere il cum interposto tra agg. e sost. come in magno cum gaudio, ma cum magno gaudio lo si trova ugualmente.
Per questo è tanto più importante analizzare i casi e non parola per parola una dopo l'altra, perchè a causa di queste oscillazioni si otterrebbe solo un puzzle difficile da ricomporre; ogni pezzo di puzzle può essere una cosa sola- e la forma e il colore te lo dicono immediatamente- ma a priori, preso da sè potrebbe essere interpretato in varie maniere come un pezzettino blu che potrebbe appartenere al cielo quanto al mare; solo il contesto generale ti permette di capire quale sia l'interpretazione giusta; quindi non analizzare il caso vuol dire trovarsi ad appiccicare la funzione sintattica a senso come quando a forza si fa entrare una tesserina del puzzle in un buco troppo grande o si cerca invano di farla entrare in uno piccolo. Può o non può reggere ma è comunque sbagliata.
Detto ciò, adesso una curiosità: prima mi sono rifiutata di attribuire un significato base all'ablativo. Il motivo è che essenzialmente è il caso con più significati da solo e in concordanza con preposizioni, quindi sarebbe pretenzioso identificare il vero significato di base.
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